201910.09
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Il verbale di conciliazione: è possibile ritrattare ciò che si è firmato?

Il datore di lavoro ti ha convocato per la firma di un documento alla presenza di un altro soggetto che si qualifica come un “conciliatore”? Si tratta con molta probabilità di un verbale di conciliazione dagli effetti irreversibili. 

Cos’è un verbale di conciliazione? Si tratta di un accordo – il cui scopo formale è quello di prevenire una lite giudiziale, cioè una causa di lavoro – con il quale il datore di lavoro offre al proprio dipendente in genere una somma di denaro (ma non solo), in cambio della rinuncia a uno o più diritti. Potrebbe accadere, ad esempio, che il dipendente abbia lavorato oltre l’orario contrattualmente previsto – e, quindi, abbia maturato il diritto al pagamento del lavoro straordinario – oppure abbia svolto mansioni superiori (appartenenti cioè ad un livello professionale diverso e migliore rispetto a quello posseduto dal lavoratore) senza aver ricevuto l’aumento retributivo spettante per legge. Ebbene, in casi del genere, il datore di lavoro potrebbe proporre al suo dipendente una cifra “forfetaria” in cambio della rinuncia a far valere davanti al Giudice del Lavoro uno dei diritti in questione.

Nell’ambito del rapporto di lavoro ci sono differenti tipi di conciliazione:

  Giudiziale, se avviene davanti ad un giudice, nell’ambito di un processo, nel qual caso il giudice assume il ruolo di conciliatore;

  Stragiudiziale, se coltivata invece al di fuori del processo, alla presenza di una persona abilitata a svolgere il ruolo di conciliatore. In tal caso, la conciliazione può svolgersi in sede sindacale secondo le modalità previste dai contratti collettivi oppure in sede amministrativa, cioè davanti alla sede territoriale dell’Ispettorato del Lavoro.

Quello che è molto importante tenere presente è che, una volta firmato il verbale di conciliazione in una delle sedi indicate, non sarà più possibile per il lavoratore avere dei ripensamenti e tornare a pretendere i diritti ai quali abbia rinunciato con la firma del documento: la rinuncia, infatti (salvi casi del tutto eccezionali), deve intendersi definitiva e irreversibile.