201909.13
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Le tre regole del licenziamento

Le domande che più di frequente ci vengono rivolte a proposito dei licenziamenti sono molteplici: solo per citarne alcune, è possibile un licenziamento verbale oppure occorre sempre la forma scritta? E il datore di lavoro è sempre tenuto a fornire una giustificazione del licenziamento, così come a dare un periodo di preavviso? O può anche evitarli?

Ma, allora, quali regole deve rispettare il licenziamento?

In particolare, tre: la regola della necessaria giustificazione (salvi casi eccezionali); la regola della forma scritta; la regola del preavviso.

Cominciamo quindi col dire che il licenziamento deve essere scritto. Deve essere cioè contenuto in una lettera che il datore di lavoro avrà cura di predisporre e di consegnare poi o di inviare per posta al lavoratore.

Lo impone la legge in modo esplicito, sanzionando la mancanza della forma scritta nel modo più grave, considerando cioè il licenziamento verbale privo di qualunque effetto, come se – per intenderci – non fosse mai stato intimato, e lo richiede il sistema lavoro, perché la forma scritta, in effetti, soddisfa non soltanto un interesse del lavoratore, ma anche un interesse del datore di lavoro, il quale, per poter dimostrare di aver intimato il licenziamento in modo corretto, deve disporre del relativo documento: appunto, la lettera di licenziamento.

Dal lato del lavoratore, invece, la forma scritta costituisce una garanzia, perché gli consente di verificare che il datore di lavoro abbia rispettato i due requisiti essenziali ulteriori della necessaria giustificazione e del preavviso.

E veniamo così al secondo requisito del quale abbiamo parlato: in effetti, gli atti di licenziamento devono essere sempre sorretti da una motivazione, che può essere di due tipi:

  • una motivazione a carattere disciplinare, che presuppone una colpa cioè del lavoratore;
  • una motivazione di tipo economico, non dipendente da comportamenti del lavoratore, ma legata piuttosto a ragioni dell’impresa come l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro o il suo regolare funzionamento.

La motivazione disciplinare, a sua volta, può sfociare nelle due categorie della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, a seconda dell’intensità della colpa del lavoratore, cioè a seconda del tipo di inadempimento di cui si discuta; ma di tutto ciò ci occuperemo più approfonditamente in un’altra occasione.

Quello che è importante sapere ora e tenere presente è che la regola del preavviso – il terzo requisito – non trova applicazione soltanto in un caso: nel caso in cui ricorra la più grave delle motivazioni disciplinari, la motivazione della giusta causa di licenziamento.

Il preavviso in effetti soddisfa altrimenti ad una funzione di fondamentale importanza: quella cioè di consentire al lavoratore di avere ancora del tempo a disposizione per la ricerca di un nuovo posto di lavoro prima della fine del rapporto, prima cioè della definitiva perdita dell’occupazione e della retribuzione.

In effetti, il datore di lavoro che non voglia rispettare questo principio è tenuto ad una “sanzione” particolarmente importante: è tenuto cioè a versare al lavoratore una somma di denaro, precisamente la quantità di retribuzione che sarebbe spettata se l’intero periodo di preavviso fosse stato lavorato. Il che, tra l’altro, ci consente di affrontare incidentalmente un’ulteriore questione di grande rilievo: può in effetti il datore di lavoro, che non voglia comunque rispettare la regola del preavviso, licenziare il lavoratore in tronco?

Certamente sì, pagando al lavoratore la somma di cui parlavamo poco fa: la cosiddetta indennità sostitutiva del preavviso.

Ma chi determina la durata del preavviso?

Soccorrono i contratti collettivi nazionali di lavoro sulla base di due requisiti: il livello di inquadramento professionale del lavoratore e l’anzianità di servizio; due elementi, che, in genere, è sempre possibile ritrovare già nelle buste paga.

Sintetizzando, i requisiti dell’atto di licenziamento sono tre:

  • il primo requisito è quello della forma scritta;
  • il secondo requisito è quello della necessaria giustificazione, che può essere a carattere disciplinare oppure di tipo economico;
  • il terzo requisito è il preavviso.